Ha senso al giorno d’oggi per un grafico o un designer, in un’ epoca che si sposta sempre di più verso il virtuale, avere ancora un portfolio o un biglietto da visita cartaceo? Per il primo, sono convinto di no, mentre per il secondo, penso che abbia senso, nel mio campo, il business card può diventare uno strumento.
Una delle prime agenzie con cui ho collaborato, parliamo del 1997 o giù di li, aveva un art director con cui feci una prima riunione prima di iniziare degli story board per uno spot; a fine brief quel tizio tirò fuori dalla sua borsa di cuoio una pallina da ping-pong, me la mise in mano dicendomi: “se hai bisogno di altre info o hai dubbi, sentiamoci”. Su quella pallina c’era stampato il suo faccione disegnato e i suoi contatti. Mi spiegò che era un appassionato di ping-pong, motivo per cui il suo biglietto da visita era quello. Sono passati quasi venticinque anni da quella riunione, eppure io conservo ancora quella pallina e ricordo perfettamente lo stupore che provai nel riceverla.
Nel mio logo ho inserito una matita, un pennello, un teschio e un plettro, perché sono quattro oggetti che mi rappresentano, rappresentano il mio lavoro e gran parte della mia ispirazione (vero, col senno di poi avrei dovuto inserire magari un barbecue o una griglia, ma diventava complicato). Passare dal cartaceo ad un plettro vero e proprio mi è sembrata una buona idea per provare a replicare l’effetto di una pallina da tennis da tavolo impolverata e costudita gelosamente in un cassetto.